Musica: Nell'oscurità dei loro brani conosciamo i Telepathic Dreambox

CRONACA
Alessio Petralla
25.05.2017 14:50

Atmosfere oscure per una serata di rock psichedelico, presso il Tabir di Taranto, con i Telepathic Dreambox. Mercoledì 24 maggio i quattro ragazzi tarantini, Marco Sisto (voce, chitarra), Fabrizio Lavegas (chitarra), Dino Semeraro (batteria) e Pierluigi De Pierro (basso) hanno infiammato la serata con i loro inediti e qualche storica cover. A Blunote, Marco Sisto ci spiega com’è nato il progetto facendoci conoscere meglio la band: “I Telepathic Dreambox nascono due anni fa: abbiamo cercato di mettere insieme le nostre esperienze passate in un progetto psicheledico”.
 
-Da chi traete l’ispirazione?
“A livello di linguaggio sonoro l’ispirazione arriva dai classici della psichedelia come i The Doors e i Pink Floyd e da artisti più recenti come i Black angel. Abbiamo cercato di dare, con questo primo lavoro, un’impronta più scura al suono e ai testi. I temi sono vari e con fondi protesi a scavare nei lati più oscuri della vita”.
-Il repertorio…
“Sono circa due anni che portiamo in giro questo lavoro auto-prodotto: lavoro atipico, composto da sette tracce, formato un po’ ibrido: è una prima forma d’espressione di quello che noi abbiamo messo insieme in questo periodo di collaborazione”.
-Musica tarantina: periodo fiorente (anni '80 e '90), calo e risalita… Ci può essere un proseguio viste le tante band che stanno producendo inediti?
“Da un punto di vista musicale può proseguire perché un po’ di produzioni stanno nascendo anche se sono distanti dalle nostre idee che sono più internazionali, meno legati ai contesti italiani. In Italia ci sono diverse band, anche della scena psichedelica che, però, hanno come realtà produttive case discografiche che fanno base all’estero come ad esempio i Glats, gruppo di Milano. L’Italia va in un’altra direzione, più europea…”.
-Come nasce il nome Telepathic Dreambox?
“Ci siamo ispirati ad una canzone dei Serpenpower, usando poi la parola Telepathic che ci affascinava per il significato visto che il sound che vogliamo creare è creare una connessione fra chi ascolta e noi che suoniamo. Cerchiamo un linguaggio consono nonostante la libertà creativa. Dopo l’estate vorremmo mettere un punto e capire il prossimo passo a livello produttivo. E’ giusto dalle luci all’abbigliamento creare un qualcosa di credibile agli occhi della gente”.
 
La parola passa al chitarrista Fabrizio Lavegas: Ma in Italia il rock è morto…?
“E’ per pochi: se ci fosse una proposizione più vasta arriverebbe anche ad altre persone: purtroppo non viene tramandato al grande pubblico. Il rock esiste e c’è chi lo fa, anche, bene”.
 
Si chiude con Dino Semeraro, batterista del gruppo: Parlaci degli obiettivi e dei vostri sogni in chiave futura… Dove potremmo ascoltarvi?
“Al momento in programma non esiste nulla: forse faremo qualcosa in estate. Per saperne di più visitate la nostra pagina Facebook. Il sogno di tutti noi è quello di continuare a suonare e fare quello che ci piace senza fissare degli obiettivi precisi: l’importante è divertirsi. Si vede un certo fermento musicale negli ultimi anni: speriamo si continui”.
 
Foto Enrico Losito
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