Il museo del mare antico di Nardò: un viaggio tra mito e storia

Cultura, musica e spettacolo
19.01.2022 17:06

(di Fabio Dal Cin) Il mare, come è noto, è sempre stato il mezzo attraverso il quale popoli ed eroi si sono spostati per fondare nuovi territori, per fuggire da guerre, stimolati dall’ignoto o per il capriccio di qualche divinità. Così deve essere andata per il Salento, terra tra due mari, dai 350 km di coste il cui destino spesso è statosegnato da popoli di navigatori che solcavano il Mediterraneo. La conferma dei rapporti commerciali e delle reciproche influenze esistenti tra le varie sponde del “mare nostrum” ci viene data dall’archeologia e, in particolare, da quella subacquea. Per comprendere queste dinamiche, i musei rappresentano validi alleati. Visitato di recente, il Museo del Mare Antico di Nardò (Le) si è rivelato una formidabile realtà, un’unica grande sala espositiva attraverso la quale è possibile “navigare” a ritroso nel tempo, conoscere tecniche di pesca, modelli di società e piccoli aneddoti sui popoli che ci hanno preceduto. Il Museo, la cui gestione è oggi affidata all’Associazione The Monuments People, è un piccolo gioiello che nasce grazie alla collaborazione tra Comune, Soprintendenza ABAP per le province di Brindisi, Lecce e Taranto e Dipartimento per i Beni Culturali dell’Università del Salento. Oggi ospita importanti reperti di età romana provenienti da indagini archeologiche effettuate nel mare e lungo la costa neretina. Skipper del mio viaggio virtuale è stata la dottoressa Oda Calvaruso, che ringrazio per la disponibilità. L’area museale è strutturata in modo tale da incuriosire il visitatore attraverso descrizioni semplici e precise non solo degli eventi, ma anche delle abitudinilocali. Con questa premessa, ad esempio, è possibile conoscere la storia di unvaso contenente 125 monete d’argento: 122 denari e 2 quinari romano-repubblicani e un denario emesso in Africa a nome del re Giuba di Numidia.Le monete risalgono ad un periodo compreso tra la metà del II secolo a.C. ed il 44 a.C. data quest’ultima successivamente alla quale il suo proprietario nascose il suo gruzzolo (i motivi del gesto, volutamente non svelati in questa sede!). Sono presenti due plastici grazie ai quali risulta più semplice acquisire informazioni sulla villa del “veterano” e sul villaggio di pescatori. Quest’ultimo, in particolare, era costituito da piccole abitazioni a un solo ambiente, affiancate e modulari, realizzate con muri a secco in pietrame non squadrato, pavimenti in terra battuta e pareti rozzamente intonacate. L’insediamento sembra identificabile con uno di quei villaggi “di servizio” al territorio che punteggiano le coste del Salento in età romana, le “appendici costiere”. Seguono settori dedicati ad utensili e tecniche di pesca, conchiglie, patelle e gusci di molluschi utilizzati a scopo ornamentale per la creazione di bracciali e collane. In fondo alla sala è presente “una fetta di nave” con delle anfore la cui integrità trae in inganno. Non si tratta infatti di riproduzioni, ma di materiale recuperato in mare e perfettamente conservato: parliamo di oggetti “custoditi” dal relitto di S. Caterina, una nave mercantile del II secolo a.C. situata a circa 300 m dalla costa di Punta dell’Aspide (Santa Caterina di Nardò), ad una profondità di ca. 22-23 m. I resti della nave romana, individuati nel 1982 dal nucleo dei Carabinieri di Gallipoli si presentavano adagiati sul fondo sabbioso, inclinati e poggiati su un lato, con un carico di anfore “greco-italiche” sparse su una superficie di 20X5 metri. Le anfore, di tipo greco-italico tarde, probabilmente di produzione locale (capacità massima fino a 36 litri) erano utilizzate per il trasporto di vino. Attualmente il relitto è coperto da sacchi di sabbia e da una rete metallica per proteggerlo da attività clandestine. Quanto appena descritto, non esaurisce gli argomenti, ma soprattutto non sostituisce la professionalità dello staff del museo, per cui l’invito è di visitare il museo del mare antico di Nardò unitamente alle bellezze di questa piccola città del Salento. (Foto Fabio Dal Cin)

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