Latte: Cia Puglia, ‘Basta giochetti, bisogna rispettare gli accordi’

L’attuale prezzo alla stalla è inferiore a quello del 1997, ma allo scaffale è raddoppiato

CRONACA
22.10.2021 14:31

«Sul prezzo del latte, con grande fatica e tanto lavoro, siamo giunti a un protocollo d’intesa molto avanzato qui in Puglia, e lo abbiamo fatto appena due settimane fa. CIA Agricoltori Italiani della Puglia stigmatizza i tentativi di aggirare i termini di quell’accordo fatti da chi, sulla scorta di un’intesa a livello nazionale mai raggiunta e ratificata, cerca di imporre prezzi da fame agli allevatori pugliesi e di tutta Italia. I tre centesimi, che alcuni vorrebbero prevedere, sono il frutto di un accordo nazionale ancora in discussione e, inoltre, la tabella che stanno proponendo è peggiorativa rispetto all’intesa sottoscritta in Regione Puglia. Chi vuole rimangiarsi quanto sottoscritto lo scorso 7 ottobre in Regione Puglia abbia almeno l’onestà e il coraggio di uscire allo scoperto e pubblicamente, ognuno si assuma le proprie responsabilità davanti a migliaia di allevatori e aziende agricole e dell’intera filiera lattiero-casearia già messe in ginocchio da una crisi senza precedenti». È durissima e netta la presa di posizione espressa da CIA Agricoltori Italiani della Puglia attraverso una nota ufficiale. La ‘questione latte’, con le sacrosante istanze della filiera lattiero-casearia, purtroppo è lontana dall’essere risolta. «Qualcuno sta cercando di giungere a un accordo diverso, probabilmente un’intesa al ribasso e a discapito delle aziende che stiamo cercando di tutelare. A questo proposito, dobbiamo ricordare a chi lo avesse dimenticato, che il ‘Protocollo per la stabilità, la sostenibilità e la valorizzazione della filiera lattiero-casearia pugliese’ è stato sottoscritto con una firma davanti a tutta la Puglia da 14 realtà associative. Quel documento, che ha tutti i crismi dell’ufficialità, consta di tre articoli fondamentali: nel primo, i sottoscrittori si impegnano a “garantire un rapporto equilibrato tra gli operatori della filiera”, basato sulla “remuneratività per ciascuna componente” attraverso la condivisione del “principio etico che il mercato riconosca prezzi non inferiori ai costi di produzione, tanto sul versante della produzione primaria che su quello della trasformazione, in considerazione di elaborazioni oggettive di istituzioni quali ISMEA, Università, riconosciuti Centri di studio e ricerca. La remuneratività è un elemento irrinunciabile. Il rispetto degli accordi sottoscritti è fondamentale. Nel 1997, il prezzo del latte alla stalla era di 900 lire al litro oltre al premio di qualità (pari agli attuali 0,45 euro) e il costo del latte allo scaffale era di circa 1500 lire (che corrispondono a 0,75 euro); oggi il prezzo del latte alla stalla è di circa 0,40 euro al litro, mentre il costo del latte allo scaffale è di circa 1,60 euro al litro. Sulla stessa questione si è espressa in questi giorni anche la dirigenza nazionale di CIA Agricoltori della Puglia, sottolineando ancora una volta l’incremento dei costi di produzione di latte bovino dovuto al rincaro delle materie prime (+30%) e dei rialzi dei listini di mangimi, fertilizzanti ed energia. Rincari che hanno messo in ginocchio le stalle italiane, che non possono più andare avanti senza un significativo aumento del prezzo del latte, attualmente inferiore al costo di produzione. A questo proposito il presidente nazionale di CIA Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, ha dichiarato che «La filiera lattiero-casearia deve garantire una quotazione equa agli allevatori, che non vada solo a coprire i costi, ma offra anche la giusta redditività alle aziende agricole, già colpite dagli effetti della pandemia. Nonostante gli industriali abbiano riconosciuto davanti al ministro la crisi dei produttori e stiano godendo i frutti positivi dei bilanci dell’export di formaggi e di quotazioni favorevoli del latte spot, non sembra esserci alcuna intenzione di riconoscere l’aumento richiesto a gran voce dal sistema allevatoriale. È fondamentale, ora, agire con urgenza per evitare il collasso dell’intero settore, che pesa circa il 12% sull’industria alimentare e conta 26.000 aziende». «La Puglia – si legge nella nota dei dirigenti regionali dell’organizzazione – ha avuto il merito di raggiungere un accordo importante, nel quale vengono fissati gli impegni delle organizzazioni per “definire e condividere meccanismi di indicizzazione dei prezzi basati su parametri rappresentativi dei mercati nazionali. Gettare tutto all’aria è da irresponsabili e sarebbe una sciagura per l’intero settore, uno dei motori occupazionali ed economici più importanti per la Puglia”. (CS)

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