Foto creata con IA
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Taranto si trova nuovamente al centro di decisioni industriali e politiche che sollevano dubbi e preoccupazioni. La recente sentenza del Consiglio di Stato n. 5263/2024 ha annullato l’aggiudicazione della gara per la realizzazione dell’impianto DRI affidata nel 2023 alla Paul Wurth. La motivazione dei giudici è chiara: l’offerta vincente prevedeva esclusivamente la progettazione, non la costruzione dell’impianto come previsto dal bando. A ricorrere era stata Danieli, che aveva presentato una proposta completa. I giudici le hanno dato ragione.

Questo esito giudiziario riaccende il dibattito sulla gestione dell’intera procedura da parte di Invitalia, ente pubblico incaricato di coordinare l’intervento attraverso la controllata DRI d’Italia.

Nel frattempo, un nuovo decreto (GU n. 146 del 26/06/2025) ha istituito un Commissario straordinario con poteri acceleratori sugli investimenti legati all’ex Ilva, imponendo agli enti locali di esprimersi entro 15 giorni, oltre i quali scatterà il silenzio-assenso. Una disposizione che, secondo diverse realtà territoriali, limita la partecipazione democratica dei soggetti locali.

Nel corso della stessa settimana, il ministro Adolfo Urso ha annunciato pubblicamente di voler riferire al COPASIR, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, dichiarando il 25 giugno una “giornata decisiva per l’Ilva”. Una comunicazione che ha sollevato interrogativi sulla connessione tra sicurezza nazionale e le normali dinamiche di dissenso istituzionale e civile.

Anche il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, è intervenuto sostenendo che “uno stabilimento come Taranto va trattato come un asset militare”, sollevando ulteriori dubbi sulla trasparenza e la direzione del processo di transizione industriale in atto.

Al centro del confronto resta il progetto del nuovo impianto DRI, collegato alla Hydrogen Valley pugliese, che secondo alcuni osservatori locali rappresenterebbe un modello di transizione basato su infrastrutture energivore più che su soluzioni realmente sostenibili.

In risposta a questo scenario, gruppi di giovani professionisti tarantini e diverse associazioni del territorio hanno presentato osservazioni tecniche alternative all’Accordo di Programma, proponendo un modello rigenerativo e culturalmente avanzato, senza nuovi impianti industriali ad alto consumo energetico. La proposta mira alla creazione di un distretto culturale urbano ispirato a modelli già realizzati, come quello di SteelStacks a Bethlehem (Pennsylvania), nato dalla riconversione dell’ex acciaieria Bethlehem Steel.

In quest’ottica, Taranto viene indicata come città simbolo di una possibile trasformazione dal basso, fondata su giustizia climatica, innovazione culturale e partecipazione democratica.

Il Comitato per la difesa del territorio jonico, promotore delle osservazioni, ribadisce che “la vera transizione non passa da commissari straordinari o da progetti opachi, ma da un cambio di visione. Taranto non è un impianto, è una comunità che chiede rispetto, trasparenza e futuro”.