Ex Ilva: Giangrande, ‘Bonomi si rassegni, Taranto sta alzando la testa’

Il presidente di Confcommercio: ‘Denigrando le cozze, ha offeso tutta la città’

Leonardo Giangrande
CRONACA
11.07.2021 00:07

“…Non parliamo con chi ci propone l’allevamento di cozze”. Il commento di Leonardo Giangrande, presidente provinciale di Confcommercio Taranto. “E’ un vecchio refrain quello di Carlo Bonomi che già nel 2019, da presidente di Assolombarda, in un’ intervista al Foglio Quotidiano tirava fuori a proposito di Ilva, l’amletico dubbio: “Questo paese vuole continuare a produrre ancora acciaio o vuole produrre cozze?”. Una intervista che già allora mostrava la non conoscenza dei fatti: “[…] è il Comune di Taranto che – affermava Bonomi -  porta le case vicino allo stabilimento”, ignorando, o volendo far finta di non sapere, che il quartiere Tamburi preesisteva già molto prima del siderurgico. Una intervista che era tra l’altro una sfacciata difesa dei Mittal, gli unici a suo dire che sapevano cosa fare in assenza di un Governo (erano concetti suoi) che aveva creato il problema dell’impossibilità di gestione dell’Ilva. E infine alla domanda se la crisi dell’Ilva avesse creato problemi anche ad altre zone d’Italia, l’inequivocabile ammissione : “[…]abbiamo circa un centinaio di imprese nei nostri territori che per commesse dirette o indirette su Ilva già stanno risentendo della crisi”. E allora, cosa c’è da aspettarsi da un esponente di quell’industrialismo italiano che, eletto nel 2020 alla guida di Confindustria, senza mezzi termini asserisce, lo ha ribadito a Bari e davvero non ci sorprende, “serve l’acciaio e serve pure il ciclo integrato  a caldo”. Lui, ma non solo lui, il cambiamento di rotta chiaramente non lo vuole. La salute dei cittadini, la tutela dell’ambiente, la riconversione economica sono concetti molto lontani da chi ha il coraggio di venire a qualche chilometro da casa nostra e affermare ancora una volta, confidando nell’ossequio tipico italiano al mondo confindustriale, che gli industriali non parlano con chi ha nella testa un altro concetto di sviluppo. Le cozze chiaramente sono un pretesto, una trovata a effetto. E il riferimento è a quella parte della  comunità, delle rappresentanze socio-economiche, della politica e delle Istituzioni, Comune in prima istanza, che si stanno battendo per un futuro di emancipazione dalla mono dipendenza economica dell’acciaio. Quella città che non è più disposta ad accettare condizioni calate dall’alto e dettate dai Bonomi di turno. Sta cambiando la narrazione perché Taranto sta alzando la testa, e c’è una parte di città che si batterà per scrivere un futuro diverso per i propri figli“. Infine per tornare all’affaire ‘Cozze’, al presidente di Confindustria vogliamo dire che puntando il dito su la mitilicoltura (l’anello più debole dell‘economia locale, quello che più di ogni altro ha pagato il prezzo dell’inquinamento industriale) ha offeso l’intera città e la nostra convinta voglia di riappropriarci dei nostri due mari, della nostra bellezza, delle nostre attività tradizionali“. (CS)

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