Taranto: Editoriale, fantasmi e sindrome dell’accerchiamento

Le dichiarazioni di resa del presidente sono una presa di coscienza coraggiosa, dettate da una realtà che si fatica ad accettare. Per parafrasare l’avvocato Gianni Agnelli, il Taranto di oggi è come un pulcino bagnato, impaurito e cagionevole. Le responsabilità di una disfatta reclamizzata già a metà gennaio sono da dividere tra tutti i protagonisti, nessuno deve sentirsi escluso. Se è vero che la società si è impegnata parecchio per allestire un gruppo che potesse lottare per il ritorno in Serie C, è altrettanto vero che molte criticità sono state gestite nel peggiore dei modi. Sono tutti colpevoli: da Ragno a Panarelli, dal diesse De Santis al presidente Giove. Se oggi il Taranto è fuori dai giochi per l’ennesima volta, le responsabilità sono da ricercare solo all’interno della società: è sbagliato convincersi che stampa e tifoseria, una parte almeno, stia remando contro per chissà quali interessi. Così come è sbagliato giustificare il proprio fallimento puntando il dito contro la classe arbitrale. Si chiamano fantasmi, di cui, sinceramente, non ne abbiamo bisogno. La sindrome dell’accerchiamento, purtroppo, è un limite del presidente Giove. Prima se ne libererà, prima potrà comprendere a mente serena in cosa si sbaglia.
CASO KOSNIC La sconfitta a tavolino non è un fulmine a ciel sereno, ce l’aspettavamo: errare è umano, ma questi errori non sono permessi quando ti chiami Taranto: chi ha sbagliato si assuma le proprie responsabilità e lo ammetta pubblicamente, decidendo, poi, se è il caso di dimettersi.