Cinque evasioni in soli cinque giorni hanno acceso i riflettori sulla fragilità del sistema penitenziario italiano. A denunciare l’emergenza è il SAPPE (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, il più rappresentativo del Corpo) che lancia un appello al Governo: valutare l’intervento dell’Esercito all’esterno degli istituti attraverso una vera e propria operazione “Carceri sicure”.

“Non c’è nulla di scandaloso - spiega Donato Capece, segretario generale -. In passato, in situazioni di grave emergenza, si è già fatto ricorso all’Esercito. Basti ricordare l’operazione Vespri siciliani, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, o più recentemente la disposizione del Prefetto di Nuoro per il carcere della città dopo una clamorosa evasione”.

I numeri raccontano un sistema al limite: vent’anni fa gli agenti erano oltre 40.000 a fronte di 53.000 detenuti. Oggi, con un organico previsto per legge a circa 42.000 unità, sono in servizio poco più di 36.000 poliziotti penitenziari chiamati a gestire 63.000 detenuti distribuiti in 207 carceri, 30 REMS e altrettanti UEPE. A questo si aggiunge un dato allarmante: “Se vent’anni fa andavano in pensione 500 agenti all’anno, oggi sono 3.000 ogni dodici mesi”, sottolinea Capece.

Un’emorragia di personale che, insieme al sovraffollamento e alla carenza di risorse, mette a rischio la sicurezza dei cittadini, la vita dei detenuti e la dignità del lavoro degli operatori penitenziari.

“Il tempo delle mezze misure è finito - conclude Capece -. Il sistema è al collasso e nessuno potrà dire di non sapere: l’ignoranza della crisi carceraria non potrà esentare nessuno dalle proprie responsabilità. Servono interventi immediati, strutturali e radicali”.