Taranto: Riesame rigetta ricorso Giove, resta sequestro beni

Per quattro milioni di euro, incluse le quote del Taranto FC

TARANTO
06.10.2020 23:41

Foto Walter Nobile

Massimo Giove, presidente del Taranto, nella foto Walter Nobile
Il Riesame ha confermato il sequestro dei beni per 4 milioni di euro eseguito dalla Guardia di Finanza nei confronti delle società (Taranto FC compreso) riconducibili a Massimo Giove, imprenditore e presidente del club rossoblu. In base a quanto riporta quotidianodipuglia.it, i giudici del Riesame hanno rigettato il ricorso presentato dalla difesa di Giove confermando le accuse mosse dal pubblico ministero Remo Epifani, il quale contesta allo stesso Giove e sua moglie le ipotesi di reato che vanno dall’infedele dichiarazione all’omesso versamento dell’Iva. Tra i beni messi sotto chiave dai militari guidati dal tenente colonnello Marco Antonucci, che stanno indagando sulle false fatture emesse dalle società del presidente della società rossoblu, ci sono anche le quote societarie proprio della società calcistica ionica: si tratta in particolare di circa il 90 percento della valore societario che era detenuto da una società fiduciaria per conto dello stesso Giove. Una volta appurato la reale provenienza del denaro hanno apposto figuratamente i sigilli anche a quelle quote. Un’azione, come già specificato in passato, che impedisce al presidente di poter disporre effettivamente di quel denaro, ma che non ha limitato le operazioni della società nel calcio mercato che precede la nuova stagione sportiva. Com’è noto a luglio scorso, i finanzieri notificarono un provvedimento di sequestro a Giove e alla moglie per un valore complessivo di 4 milioni di euro a causa di un presunto giro di commesse milionarie di un sofisticato sistema per nascondere i profitti derivanti dalle commesse milionarie intrattenute dalle società dell’imprenditore tarantino con i colossi dell’acciaio e dell’energia. La procura chiese e ottenne dal giudice per le indagini preliminari Rita Romano un decreto di sequestro di circa 4 milioni. Il blocco dei beni rappresentava il punto di arrivo di una complessa ed articolata attività di verifica fiscale condotta dai militari del Nucleo di polizia economico finanziaria di Taranto: le indagini erano partite da un accertamento fiscale sulla «Enetec Srl», società metallurgica dei coniugi Giove, con un bilancio solidissimo e dalla contabilità apparentemente in regola. L’attenta analisi eseguita dagli investigatori specializzati nella ricerca di reati tributari e fiscali, però, aveva portato alla luce un presunto giro di fatture false, illecite operazioni contabili, società fantasma o cartiere utilizzate per portare e compimento, secondo l’accusa, complessi e sofisticati raggiri che avrebbero fruttato illeciti guadagni per quattro milioni di euro. Per le importanti commesse gestite negli anni presi in esame, dal 2015 al 2018, la società avrebbe potuto navigare con un certo successo nel mercato delle forniture meccaniche. La società di Giove, infatti, intratteneva fortunati rapporti con Ilva Spa per i lavori di rifacimento della copertura di un capannone all’interno dell’acciaieria per un importo di 2 milioni e 360mila euro e un altro ancora più redditizio per un totale di tre milioni e 275mila euro per le tubature del primo lotto dell’opera «Tempa Rossa» che collega la raffineria Eni di Taranto con gli impianti di estrazione della Basilicata.

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