Pulsano, estorsioni e incendi con metodo mafioso: 4 arresti
L’operazione, denominata “Argan”, conclude un’indagine avviata nell’ottobre 2023 e conclusa nel settembre scorso
I carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Taranto hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Lecce su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, in coordinamento con la Procura di Taranto, nei confronti di quattro persone ritenute vicine a un presunto sodalizio criminoso operante a Pulsano. In totale sono undici gli indagati.
L’operazione, denominata “Argan”, conclude un’indagine avviata nell’ottobre 2023 e conclusa nel settembre scorso. Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di estorsione e incendio pluriaggravati dal metodo mafioso, porto illegale di armi, intralcio alla giustizia, evasione ed esercizio abusivo della professione.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il gruppo avrebbe messo in atto una serie di estorsioni ai danni di imprenditori della provincia di Taranto, in particolare nei settori ricettivo e commerciale, costretti a versare somme di denaro anche con cadenza periodica. Le richieste sarebbero state precedute da atti intimidatori, soprattutto incendi di autovetture. Le azioni non sarebbero state episodiche ma pianificate, con sopralluoghi mirati per individuare abitudini delle vittime e la presenza di sistemi di videosorveglianza. Le indagini, basate su intercettazioni, pedinamenti GPS e riprese video, avrebbero fatto emergere un diffuso stato di assoggettamento.
Figura centrale dell’inchiesta è Anselmo Venere, 54 anni, di Pulsano, con precedenti per omicidio e traffico di stupefacenti. Secondo l’accusa, avrebbe continuato a dirigere le attività illecite anche durante la detenzione in carcere e successivamente agli arresti domiciliari, mantenendo contatti con l’esterno tramite collaboratori fidati. Gli altri destinatari delle misure cautelari sono Nicola Casucci (34 anni), Emidio Galeandro (58) e Gennaro Migliorini (69). A sei degli undici indagati viene contestata l’associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso.
Le indagini hanno inoltre accertato la disponibilità di armi da fuoco, utilizzate anche per episodi intimidatori. In un caso, uno degli indagati avrebbe esploso colpi di pistola dopo un incidente stradale per indurre l’altro automobilista a non allertare le forze dell’ordine.
Un ulteriore filone riguarda l’intralcio alla giustizia: in un procedimento a carico di Venere, vittime e testimoni sarebbero stati minacciati per condizionarne le dichiarazioni e impedire la costituzione di parte civile. In un’intercettazione, un testimone avrebbe chiesto indicazioni all’indagato su cosa dichiarare in aula.
Tra i reati contestati figura anche l’esercizio abusivo della professione forense: una 35enne di Pulsano, non abilitata, avrebbe svolto il ruolo di difensore e veicolato messaggi dall’interno del carcere. L’inchiesta evidenzia infine la simulazione di uno stato di invalidità per ottenere benefici detentivi.