La Corte d'Assise di Taranto ha respinto la richiesta di dissequestro degli impianti dell'area a caldo dello stabilimento Acciaierie d'Italia (ex Ilva) presentata all'inizio di aprile dai legali dei commissari di Ilva in amministrazione straordinaria. Il provvedimento segue il parere negativo espresso dalla Procura di Taranto lo scorso 16 maggio. La decisione è stata assunta dalla Corte d'Assise che un anno fa ha emesso la sentenza di primo grado del processo chiamato "Ambiente svenduto" per il presunto disastro ambientale causato dall'acciaieria.

I legali hanno dieci giorni di tempo per impugnare il provvedimento al Tribunale del Riesame e, in caso, di ulteriore rigetto dell'istanza, potrebbero ricorrere in Cassazione. Il sequestro degli impianti fu disposto il 26 luglio del 2012 dal gip Patrizia Todisco, in seguito fu concessa la facoltà d'uso.

Il dissequestro dell'area a caldo è una delle clausole sospensive del contratto di investimento tra ArcelorMittal e Ilva in As che proprio oggi è stato prorogato di due anni. "Ad avviso di questa Corte, la descrizione dello stato attuale degli impianti, nonché dello stato dei lavori riguardanti il Piano ambientale Aia 2012, riportata dal pm sulla base di numerosi rapporti allegati alle note Arpa, anche risalenti ad epoca recentissima (26 e 29 aprile scorsi), non consente di ritenere in alcun modo superato il presupposto legittimante il sequestro preventivo". Queste parte delle motiziazioni del no da parte della Corte presiedura da Stefania D'Errico, nell'ordinanza di 9 pagine con cui ha rigettato la richiesta.

Per il collegio dell'Assise, "attualmente lo stabilimento ancora produce immissioni che mettono in pericolo la salute pubblica, situazione che, è ragionevole presumere, non potrebbe essere evitata. In particolare - scrive la Corte - è di tutta evidenza il riscontro nella mancata esecuzione del Piano ambientale non realizzato, il cui termine, per effetto delle plurime proroghe, è stato fissato al 2023, sicché deve dirsi concreto ed attuale il pericolo di ulteriori conseguenze negative in termini di ambiente e salute". (La Repubblica)