Ex Ilva: “Se non ci credono gli italiani, perché dovrebbero farlo gli stranieri?”
Confartigianato Imprese Taranto interviene sul futuro dell’ex Ilva sottolineando come il dibattito in corso non affronti il nodo principale: definire quale sarà il destino della siderurgia nazionale e se Taranto rappresenti ancora un asset strategico per l’Italia. La posizione evidenzia che, pur non essendo prevista una chiusura dello stabilimento, il rischio concreto è quello di una lunga fase di incertezza, con interventi parziali che non risolvono la questione di fondo.
Secondo Confartigianato, la priorità non può più essere la semplice sopravvivenza del sito, ma l’individuazione di chi guiderà il comparto siderurgico nei prossimi anni. L’associazione osserva che, se Taranto fosse davvero considerata centrale per la siderurgia italiana, l’impegno di Governo, industria e sistema finanziario dovrebbe essere immediato e tangibile. Al contrario, i grandi gruppi industriali e bancari italiani non hanno finora manifestato volontà di investire direttamente sul rilancio del polo tarantino, un segnale che scoraggia anche potenziali investitori esteri, i quali guardano all’Italia come un mercato da presidiare più che come un asset da sviluppare.
Confartigianato sottolinea che un’eventuale soluzione straniera rischierebbe di essere poco vantaggiosa per il Paese, dal momento che il sito non viene percepito come strategico da operatori che, in un contesto competitivo, potrebbero preferire indebolire piuttosto che potenziare un concorrente europeo. L’associazione evidenzia inoltre che la situazione attuale suggerisce che, se l’impianto avesse rappresentato un’opportunità realmente appetibile, sarebbe già stato rilevato.
Un ulteriore elemento richiamato è quello della capacità produttiva: la forte riduzione dell’attività dello stabilimento non ha generato tensioni nel mercato nazionale, dove produzione e fatturato dell’acciaio risultano in crescita. Per il settore, il funzionamento di Taranto ai minimi livelli non rappresenta un’emergenza, mentre il tema principale rimane l’eccesso di personale rispetto alle esigenze del mercato e alle evoluzioni tecnologiche. Le stime di settore indicano la necessità di circa 3.000 addetti, una soglia che rende complessa l’individuazione di acquirenti disposti a sostenere l’attuale dotazione occupazionale.
Confartigianato richiama anche la responsabilità storica dello Stato, che impose a Taranto l’impianto siderurgico modificando profondamente l’economia del territorio. Per questo, secondo l’associazione, lo Stato ha il dovere di contribuire a restituire prospettive future alla città.
Le recenti evoluzioni e le dinamiche sindacali fanno emergere la possibilità di una frammentazione degli impianti, ipotesi che, secondo Confartigianato, potrebbe lasciare Taranto senza una strategia complessiva, con il rischio di un abbandono progressivo del sito e conseguenze pesanti sul territorio.
Per evitare questo scenario, l’associazione propone la costituzione di una cordata industriale italiana, sostenuta e coordinata dallo Stato, con investimenti vincolati su ambiente, sicurezza e indotto. Confartigianato chiede inoltre che, in caso di ripartenza, il sistema dell’indotto venga riorganizzato in modo radicale, superando logiche chiuse del passato e garantendo l’accesso alle forniture e ai servizi all’intera imprenditoria locale, compresi gli autotrasportatori.