Al Ministero del Lavoro non è arrivato l’accordo sul rinnovo della Cassa Integrazione Straordinaria per i lavoratori dell’ex Ilva. La discussione proseguirà il 24 settembre, a due giorni dalla scadenza per la presentazione delle offerte di acquisto fissata al 26 settembre.

La richiesta presentata da Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria prevede l’aumento dei dipendenti in Cigs da 4.050 a 4.450, di cui 3.803 a Taranto. Una proposta giudicata “inaccettabile” da Fim, Fiom e Uilm, che contestano l’assenza di un piano di rilancio industriale.

“L’incontro è stato duro e dai toni drammatici. Non accettiamo l’aumento dei numeri: il governo deve chiarire cosa intende fare di questa azienda”, ha dichiarato Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia della Fiom-Cgil, sottolineando la necessità di un confronto politico a Palazzo Chigi.

Dello stesso avviso Valerio D’Alò, segretario nazionale della Fim-Cisl. “L’aumento non ci spaventa in sé, ma va inserito in un percorso di rilancio che riduca progressivamente la Cigs. Assistiamo invece a un silenzio assordante delle istituzioni”.

Più duro il giudizio di Guglielmo Gambardella della Uilm: “L’incremento dei numeri è il risultato delle mancate scelte del Governo. È inconcepibile che 20mila lavoratori, diretti e indiretti, non abbiano ancora certezze a 18 mesi dall’amministrazione straordinaria”.

La posizione dell’Ugl Metalmeccanici resta orientata al dialogo: “Servono certezze sulle strategie future. L’aumento deve inserirsi in un piano di rilancio, non rappresentare un ostacolo”, hanno spiegato Daniele Francescangeli e Aurelio Melchionno, esprimendo apprezzamento per le misure regionali di sostegno al reddito promosse dalla Dott.ssa Condemi e dal Dott. Nori.

Per l’Usb, invece, l’unica strada percorribile è un intervento diretto dello Stato: “Non è accettabile gestire la crisi senza un piano industriale credibile. Serve un intervento pubblico immediato per garantire occupazione e decarbonizzazione”, hanno dichiarato Sasha Colautti e Francesco Rizzo.

Intanto, sul fronte della cessione, si sono ritirati Baku Steel e Azerbaijan Investment Company, mentre restano in campo gli indiani di Jindal Steel International e gli americani di Bedrock, interessati rispettivamente all’intero gruppo o a singoli poli industriali.