Ex Ilva, sindacati e cittadini in pressing: “Servono garanzie vere”
Palombella (Uilm): “Lavoro priorità”. Fiom: “No esuberi, polo DRI resti a Taranto”. USB: “Senza un piano occupazionale transizione non esiste”

Al termine del nuovo incontro svoltosi al Ministero delle Imprese sulla vertenza ex Ilva, il tema centrale resta la tutela dell’occupazione. “Abbiamo chiarito che per noi la priorità assoluta è la salvaguardia dei livelli occupazionali”, ha dichiarato Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, ribadendo l’importanza di un accordo di programma che preveda sia la continuità lavorativa che un piano di decarbonizzazione credibile. “Il nostro assenso è vincolato al fatto che vengano protetti i posti di lavoro e che si realizzi una vera transizione industriale”, ha aggiunto.
Sulla stessa linea la Fiom-Cgil, che ha espresso contrarietà a qualsiasi ipotesi che comporti esuberi: “Non si può parlare di transizione senza continuità produttiva e occupazionale. Gli impianti DRI devono essere costruiti a Taranto, dove si troveranno anche i forni elettrici”, è stato riferito da fonti interne al tavolo.
Più radicale la posizione della USB, che ha denunciato l’assenza di qualsiasi piano straordinario per l’occupazione. “Si continua con lo schema del 2014: si parte dal bando di vendita ignorando del tutto il destino di oltre 17.000 lavoratori tra diretti, in AS e dell’appalto”. Il sindacato ha respinto l’impostazione attuale, sottolineando che “senza un vero confronto nel merito occupazionale, qualsiasi intesa è solo fumo negli occhi”. Da qui la richiesta netta di nazionalizzazione come unica via per garantire diritti, sicurezza e ambiente.
Nel frattempo, cresce anche la mobilitazione cittadina. In piazza Castello, sotto Palazzo di Città, attivisti e cittadini si sono riuniti in un sit-in per chiedere al sindaco Piero Bitetti di non firmare l’accordo di programma con il ministro Adolfo Urso previsto per il 15 luglio. “Il sindaco deve difendere i suoi cittadini e rispettare il programma elettorale che prevedeva la chiusura dell’area a caldo”, hanno dichiarato gli attivisti di Giustizia per Taranto.
Nel mirino anche la nuova AIA, che, secondo il movimento, autorizzerebbe la produzione per 12 anni riaccendendo tre altiforni a carbone, in contrasto con evidenze scientifiche e sanitarie. “Parlano di decarbonizzazione, ma prevedono gas, altiforni, un rigassificatore e un desalinizzatore. Non è transizione, è continuità fossile”, accusano.
Particolare preoccupazione viene espressa per i riflessi occupazionali della riconversione tecnologica: “I forni elettrici comporteranno migliaia di posti in meno. Nulla su di noi senza di noi”, è lo slogan che chiude il comunicato del movimento, che chiede il ritiro immediato dell’accordo e una valutazione preventiva del Piano Integrato di Città (PIC).
Il confronto rimane dunque teso, tra sindacati che invocano garanzie concrete, cittadini che pretendono trasparenza e partecipazione, e un governo determinato a stringere i tempi sulla transizione dell’ex Ilva.