Prezzi in caduta libera, costi di produzione in crescita, superfici coltivate in riduzione e importazioni in aumento. È il quadro allarmante del settore del grano duro in Puglia, fotografato dalla CIA – Agricoltori Italiani.

Dal settembre 2022 a oggi, il prezzo riconosciuto ai cerealicoltori italiani è sceso del 44%, passando da 490 a 277 euro a tonnellata, come stabilito dalle ultime quotazioni delle Borse Merci di Foggia e Bari. A fronte di un corrispettivo in discesa, i costi per seminare, coltivare e raccogliere superano ormai i 1.200 euro per ettaro.

Parallelamente, le importazioni sono cresciute: solo nel primo semestre 2025 l’Italia ha acquistato 1,47 milioni di tonnellate di grano duro dall’estero, con un aumento del 9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

“Ad oggi, né l’Europa né il Governo italiano hanno messo in campo regole e politiche capaci di garantire una giusta redditività ai produttori – denuncia Gennaro Sicolo, vicepresidente nazionale e presidente regionale CIA Puglia –. Continuiamo a chiedere reciprocità nelle regole con i Paesi extraeuropei, dove si può produrre con sostanze chimiche vietate da noi. Senza questo principio, si alimenta una concorrenza sleale che mette in ginocchio i nostri cerealicoltori”.

CIA ricorda la mobilitazione avviata dal 2023 con 100mila firme raccolte, l’adesione di circa 50 comuni pugliesi e le grandi manifestazioni di piazza a Foggia, Bari e Roma. Ora l’organizzazione torna a chiedere misure concrete: incentivi agli investimenti in logistica e stoccaggio, sgravi per l’acquisto di macchinari, sostegno alla ricerca e maggiore aggregazione tra produttori.

Il quadro è ancora più critico in Capitanata, la principale area cerealicola d’Italia. Qui, insieme alla BAT e al Barese, si stimano 20mila ettari in meno coltivati a grano duro negli ultimi anni. “Gli agricoltori sono allo stremo – sottolinea Angelo Miano, presidente provinciale CIA Foggia –. Abbiamo dighe ma invasi vuoti, la stagione irrigua non è mai partita e le temperature sono costantemente sopra la media. Se non si interviene subito con misure drastiche, rischiamo di perdere uno dei settori agricoli più strategici per l’Italia”.