Infermieri
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“Non si può parlare di sicurezza degli operatori sanitari escludendo chi ogni giorno quella sicurezza la mette in gioco”. È la ferma posizione del Coordinamento Regionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche di Puglia, che ha diffuso una nota per chiarire la propria posizione in merito alla narrazione istituzionale riguardante lo studio intitolato “Gender disparities in workplace violence among Italian healthcare workers”.

Lo studio, rilanciato pubblicamente da fonti dell’Assessorato alla Sanità della Regione Puglia e oggetto di ampia eco mediatica, viene descritto come frutto di un’iniziativa regionale contro la violenza in sanità. Una ricostruzione che gli OPI pugliesi definiscono “fuorviante”.

Secondo quanto dichiarato, non esisterebbe alcun atto formale che sancisca la natura regionale della ricerca. Il lavoro risulta essere stato approvato nel 2021 dal Comitato Etico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bari, nell’ambito di un progetto condotto da un singolo Dipartimento universitario, senza coinvolgimento diretto della Regione Puglia né delle professioni sanitarie interessate.

Oltre alla questione metodologica, gli OPI sottolineano che il contenuto dello studio non riguarda in maniera diretta la violenza sugli operatori sanitari in Puglia, ma si concentra sulle disparità di genere, in particolare sulle esperienze delle persone transgender e gender non-conforming. Nessuna analisi, evidenziano, è stata condotta per contesto clinico, territorio, reparto o profilo professionale.

“Non si fa alcuna menzione delle criticità nei Pronto Soccorso, nelle REMS, o nei servizi territoriali - denunciano -, né si riserva attenzione agli infermieri, pur rappresentando oltre il 40% del campione e la categoria più colpita secondo dati ISS, INAIL, FNOPI e CEASE-IT”.

La nota entra nel merito anche della recente esclusione della professione infermieristica dall’ORSEPS (Osservatorio Regionale per la Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie), organismo voluto dalla Regione, al quale gli OPI hanno scelto di non partecipare all’insediamento del 30 giugno scorso, in segno di dissenso per l’assenza di una rappresentanza autonoma e specifica.

“Non intendiamo essere una voce indistinta. Serve una rappresentanza competente, riconosciuta e partecipe”, si legge nella nota. Gli OPI rivendicano il diritto di essere coinvolti in ogni fase delle politiche sulla sicurezza e la tutela del personale sanitario.

Nel documento si chiedono tre azioni immediate:

  • Un nuovo studio regionale, indipendente, professione-specifico e condotto su base multicentrica, con dati stratificati per reparto, ambito e ruolo.
  • La costituzione di un tavolo tecnico permanente, con piena partecipazione della professione infermieristica.
  • Misure strutturali e concrete, volte a garantire sicurezza, dignità e fiducia a chi ogni giorno opera in prima linea.

“Gli infermieri non chiedono visibilità, ma tutele. Non cercano elogi, ma ascolto”, concludono. Una presa di posizione netta, che denuncia il divario tra retorica istituzionale e realtà quotidiana dei reparti, dove mancano personale, protocolli e risposte progettuali.

“Siamo 460.000 in Italia, siamo quelli che non si possono escludere. E se qualcuno pensa di farlo, deve sapere che non resteremo in silenzio”, affermano gli OPI pugliesi. Una dichiarazione che suona come un monito e un appello alla responsabilità politica e istituzionale.