La nuova AIA per l’ex Ilva bocciata da Legambiente: “Serve svolta verde”
Lunetta Franco boccia la nuova AIA per l’ex Ilva: “Obsoleta, senza garanzie su salute e clima”

La nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per l’ex Ilva di Taranto è oggetto di forti critiche da parte di Legambiente Taranto, che la considera un provvedimento già superato ancor prima della sua applicazione. Secondo la presidente Lunetta Franco, il testo attuale dell’AIA non garantisce un’effettiva decarbonizzazione e non affronta in modo concreto i rischi ambientali e sanitari connessi al funzionamento degli impianti.
“Questa AIA appare vecchia e inadeguata. Al massimo potrà servire come misura provvisoria, ma rischia di accompagnare per altri dodici anni la lenta agonia di impianti obsoleti, senza alcuna garanzia per la salute pubblica”, ha dichiarato Franco, evidenziando come la documentazione preveda soltanto la redazione, entro un anno, di un piano operativo per la transizione energetica, senza alcuna certezza su tempi e modalità.
I timori di Legambiente si concentrano in particolare sull’intenzione di mantenere attivi altoforni e cokerie vetusti e altamente inquinanti, tra i più datati d’Europa, e sul rischio che si voglia utilizzare l’AIA come strumento per facilitare una futura vendita dell’impianto, anziché per innovare realmente il processo produttivo.
“L’Unione Europea ha destinato 800 milioni di euro al territorio di Taranto attraverso il Just Transition Fund, fondi pensati per favorire la transizione, non per mantenere lo status quo”, ha sottolineato la presidente, rilanciando la proposta dell’associazione: dismettere rapidamente gli impianti a carbone e sostituirli entro 2-3 anni con forni elettrici e unità per la produzione di preridotto (DRI), alimentati da idrogeno verde.
Nel frattempo, Legambiente insiste sulla necessità di porre la salute pubblica al centro delle scelte. Il parere istruttorio dell’AIA, ha ricordato Franco, contiene prescrizioni sanitarie essenziali: l’ISS ha richiesto entro tre mesi un aggiornamento dettagliato dello studio sanitario, integrato con dati su emissioni di NO₂, SO₂, l’impatto della centrale AdI Energia, e l’esposizione nei parchi, negli arenili e nelle aree ricreative.
Tuttavia, permangono forti perplessità. “L’ISS evidenziava già nel primo parere che il rischio cancerogeno valutato con la soglia 1x10⁻⁴ non è adeguato in un contesto urbano fragile come quello di Taranto e del quartiere Tamburi. Si dovrebbe invece adottare il limite più prudente, cioè 1x10⁻⁶”, ha spiegato Franco.
Infine, la presidente ha criticato ogni ipotesi di ammorbidimento delle prescrizioni: “È inaccettabile ipotizzare di ridurre le misure previste o di allungare la vita di impianti che dovrebbero essere spenti. Se l’azienda non ha le risorse per rispettare gli standard richiesti, si valuti una produzione ridotta, ma con garanzie reali per la salute dei cittadini e dei lavoratori”.