ArcelorMittal: Bentivogli, ‘Il Covid 19 è soltanto un alibi’

‘Così possono continuare a smantellare lo stabilimento senza proseguire le opere ambientali’

CRONACA
05.06.2020 23:19


"ArcelorMittal Italia ha presentato questa sera ai ministeri dell'Economia, dello Sviluppo economico e del Lavoro il suo nuovo piano industriale. Da alcune indiscrezioni, risulta che il piano non sarebbe lontano dall'accordo raggiunto a marzo al Tribunale di Milano, quando si chiuse il contenzioso tra Ilva in amministrazione straordinaria e ArcelorMittal". Lo dice il segretario della Fim-Cisl Marco Bentivogli, secondo il quale il Piano prevede 3.300 esuberi già nel 2020 e il rinvio del rifacimento dell'Altoforno 5 (Afo5). "Non sono accettabili gli esuberi dichiarati intorno alle 3300 unità e una produzione che si assesterebbe intorno ai 6 milioni di tonnellate annue". Secondo Bentivogli, "ArcelorMittal avrebbe fatto presente che lo scenario, rispetto all'accordo di marzo, è profondamente cambiato a causa del lockdown. Ottimo alibi per ritardare ancora la ripartenza dell'Altoforno 5 e per continuare a smantellare lo stabilimento senza proseguire le opere ambientali. Nel frattempo, nell'indotto non si pagano stipendi da mesi e in molti casi non arrivano le risorse degli ammortizzatori sociali. L'accordo del 6 settembre 2018 prevedeva zero esuberi e 8 milioni di tonnellate nel 2023 (mentre Arcelor Mittal, adesso, posticipa questo obiettivo al 2025). Ora arrivano esuberi, Cassa Integrazione e ritardi negli investimenti. Peraltro i 10.700 al lavoro nel 2025 sono solo teorici e senza nessuna consistenza. Complimenti a chi ha tolto lo scudo penale dalla scorsa estate e ha dato un ottimo alibi all'azienda per disimpegnarsi. Come sempre siamo gli ultimi a conoscere i contenuti dei piani industriali ma i primi a pagarne il conto - afferma Bentivogli -  L'accordo non è mai stato concordato con il sindacato".  A non avere fiducia in Mittal c'è anche l'indotto. La ditta d'appalto Ferplast ha ritirato i lavoratori dallo stabilimento siderurgico di Taranto. Si tratta di un'azienda con oltre 200 addetti tra contratto a termine e a tempo indeterminato, lamentando una situazione insostenibile che riguarda i pagamenti: "Hanno promesso un acconto che non è mai arrivato".

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