Melucci: ‘Se ArcelorMittal non è pronta a svolta tecnologica facciamola finita’

CRONACA
Iv.
04.02.2020 19:18

Abbiamo letto con attenzione la lunga memoria difensiva dello scorso 31 gennaio da parte dei consulenti legali di ArcelorMittal presso il Tribunale Civile di Milano. Abbiamo così appreso che, oltre a saper fare presumibilmente bene l’acciaio, ArcelorMittal è un campione del gioco dell’oca, qualche passo avanti, molti passi indietro. Non ci soffermiamo nemmeno a discutere della pletora di tecnicismi, infarciti di toni a tratti irriverenti per le istituzioni italiane, ma l’idea che ci viene consegnata, quella di una azienda impeccabile sul piano ambientale, sulla gestione delle scorte, sui livelli produttivi e le manutenzioni, trincerata dietro a questo ossimoro dello scudo penale, francamente ormai non convince più nessuno. Poi non si finga di non capire perché la comunità ionica non si fida più, perché ArcelorMittal viene considerato un opportunista e non un partner. Quella nuova minaccia sventolata davanti ai magistrati di andar via, nei giorni caldi del negoziato col Governo, quelle ombre ancora presenti sull’indotto e di riflesso suoi suoi lavoratori, quelle incertezze sui numeri degli esuberi del nuovo piano, il silenzio assordante della proprietà indiana sui fondi europei per il green deal, tutto questo non può che lasciare la comunità locale preoccupata, arrabbiata. Ad ArcelorMittal diciamo perciò che qualunque formulazione elegante i loro avvocati riusciranno a predisporre per l’udienza del prossimo 7 febbraio a Milano, qualunque psicosi collettiva di volesse scatenare sui media in vista delle battute finali con i negoziatori del Governo, qualunque siano le giustificazioni per le dinamiche relative ai rapporti, passati e presenti, con il Governo italiano, con la Regione Puglia, con il Comune di Taranto e con tutti i cittadini, questa ArcelorMittal è diventata sempre meno necessaria per Taranto, per Taranto il suo tentativo resta una fuga, con o senza scudo penale; per i motivi già esposti nella mia audizione alla Camera dei Deputati presso le Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività Produttive), a Taranto una convivenza serena è ben lungi dall’essere realizzata. Lo ha certificato la stessa ArcelorMittal avallando i contenuti della citata memoria. E lo testimoniano quelli che sembrano in questi giorni fenomeni emissivi senza precedenti. Il lavoro, le bonifiche, il futuro di Taranto non finiscono certo con ArcelorMittal. Il Governo sieda al tavolo forte di questo sentimento dei cittadini e dei lavoratori di Taranto. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che in queste ore incontra la proprietà, è in grado di assumere scelte coraggiose, definitive, perché Taranto non è più disposta a sostenere il peso di accordi al ribasso, non vacilleremo nemmeno innanzi agli esuberi, la comunità non è più nella condizione di ulteriori sacrifici per il sistema Paese, non possiamo più raccontare ai tarantini che quel green deal vale dovunque, fuorché in riva allo Ionio. Arretrerà, anche fisicamente e visivamente lo stabilimento siderurgico, non più la città. L’Italia sa bene ormai cosa rappresenti l’ex Ilva per la sua vita, ora è il momento di comprendere cosa l’ex Ilva abbia significato nella vita di una intera città, per generazioni. È il momento di dare a Taranto un accordo di programma, un DL strutturale e non palliativo, una valutazione seria del danno sanitario, una prospettiva inequivocabile sulla riconversione tecnologica di quegli impianti, per quanto onerosa e impegnativa possa risultare. Questa è la sequenza che da due anni rivendichiamo, con questa solo ci sarà soddisfazione e si aprirà una nuova fase per le politiche del nostro Paese, per la credibilità delle nostre Istituzioni.

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