Taranto, casting e plusvalenze: Danilo Pagni a tutto tondo

Chiacchierata-intervista con l’ex diesse rossoblu

TARANTO
23.05.2022 09:44

(Di Dante Sebastio

Pagni, dopo l’esonero di Montervino, ti aspettavi una chiamata del Taranto?

“In primis, fatemi dire che mi è dispiaciuto per Francesco. È stato un mio calciatore, voluto da me a Salerno contro il volere di qualcuno, ma sono andato dritto per la mia strada. Adesso è un emergente collega e me l‘aspettavo. A Taranto ha fatto un ottimo vaccino per diventare un bravo dirigente”.

Ma non hai risposto, ti aspettavi una chiamata da Giove?

”Con il presidente ci siamo sentiti lo scorso Natale, ripromettendoci di prendere un caffè, nulla più. Ma solo per amicizia, perché all‘epoca non si pensava nemmeno lontanamente a un esonero di Montervino. Ricordo che quando, tramite Lotito, andai alla Sambendettese, suo figlio Mattia mi inviò un bellissimo messaggio che conservo ancora. La società è libera di scegliere“.

C’è chi sostiene che Giove non ti abbia perdonato l’improvviso addio di due anni fa.

“Massimo è stato il primo a pagarmi una lauta consulenza quasi 20 anni fa, non penso porti rancore nei miei confronti. Anche perché lui sa quanto fu dolorosa quella decisione, motivata prima di tutto da un aspetto normativo, poi familiare. Credo di essere uscito di scena in grande stile, senza pretendere nulla e rinunciando a un contratto triennale. Chi conosce Giove sa che è una persona buona, ha perdonato ad altri cose molto più gravi. No, non penso sia questo il motivo. Anche perché con Galigani abbiamo trascorso gli ultimi mesi a parlare di Taranto a 360 gradi. E ho detto tutto… La proprietà, legittimamente, è padrona di chiamare a chi vuole, ci mancherebbe, poi esiste la bilancia dei valori, della persona, dei risultati e del merito”.

Facciamo un gioco: sei il nuovo direttore sportivo del Taranto, quanti calciatori confermeresti?

“Ho studiato la squadra nei minimi dettagli e i miei collaboratori hanno anche inviato una relazione minuziosa a Vittorio Galigani. Con il massimo rispetto, nel Taranto non ci sono calciatori da rilevanti plusvalenze. Forse Daby, che fui io a portare, a zero, dopo che era stato scartato da squadre di Serie D. A me piace creare e portare risultati, non ho mai regalato conferme né ho accettato e fatto favori, lo sanno anche i muri“.

Per te parlano i numeri: plusvalenze da record, vinto campionati e tre volte la Coppa Italia di Lega Pro, perché sei ancora a casa?

“Non vado ovunque, ho declinato diverse proposte, forse troppo tirando la corda. Sono a casa perché non giro con gli zainetti e poi mi devo sentire voluto. In Italia il merito non è riconosciuto, ma il valore non te lo può togliere nessuno. Se posso, Dante, te la faccio io una domanda: perché in tutte le piazze in cui ho lavorato mi adorano? E non sono mai stato un populista, ho sempre e solo badato al lavoro“.

Effettivamente, anche a Taranto ti adorano.

“Alla mia prima esperienza in rossoblu ho conquistato una salvezza sul campo pareggiando i conti tra entrate e uscite. All’epoca di D’Addario cestinai, dinanzi a testimoni, 3 anni di contratto a cifre iperboliche per non mancare di rispetto a Blasi. Quando vinsi allo “Iacovone” con l’Arezzo, non mi presentai in sala stampa sempre per rispetto dei tifosi e della società. Ancora oggi tanta gente di Taranto mi scrive e mi telefona, messaggi bellissimi che custodisco gelosamente“.

A Taranto non sei stato molto fortunato, D’Addario ti smantellò la squadra che avevi costruito intorno a Piero Braglia.

”Metà di quel gruppo conquistò la Serie B con la Juve Stabia dello stesso Braglia, l’altra metà con la Nocerina.  E quella era una Serie C1 vera“.

Prima hai parlato di zainetti e sponsor, non credi che il calcio italiano stia prendendo una brutta piega da questo punto di vista? Cioè, lavori se sei in grado di portare soldi alle società, così il merito va a farsi benedire.

“Oggi, per ingaggiare un direttore sportivo o un allenatore si fanno i casting, tante chiacchiere e poca sostanza. Molti si atteggiano, millantano, senza avere peso, esperienza e risultati. Una tristezza infinita. Se dovessero prevalere gli algoritmi, si darebbe più valore al merito. Un dirigente può prodigarsi nel coinvolgere un club di A, per una sinergia tecnica, o una multinazionale addentrata nello sport per accrescere il brand, ma niente di più. Proprio in questa direzione iniziai con Vittorio, ma tutto era in fase embrionale“.

Un pensiero su Peppe Laterza.

“È stata una buona intuizione del presidente. È all’inizio di un percorso, ma gli allenatori vanno supportati e guidati con i contenuti”.

Cosa auguri a Taranto società e tifoseria?

”Alla società auguro di strutturarsi per arrivare almeno in Serie B, alle istituzioni di appoggiare la proprietà fattivamente, ai tifosi di sostenere come sempre e ancor di più la maglia“.

Il tuo futuro?

“È attimo dopo attimo, lo costruisco aggiornandomi e studiando, solo che adesso lavoro più sulle relazioni interpersonali“.

Chiudiamo con tuo figlio Simone: a soli 17 anni, classe 2004, ha esordito in B con la Reggina.

“Ha lottato, sudato, sofferto e strameritato. Ha giocato sotto età nella Primavera rivelandosi determinante e versatile, complimenti e grazie alla Reggina. Se pensiamo che insieme al fratello si attaccava alla balaustra dello Iacovone e che si esercitava in maniera ludica mettendosi i guanti di Bremec…. (sorride, ndr). Sempre forza Taranto, Dante”.

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