La posta dei lettori: Un cittadino tarantino scrive al presidente Giuseppe Conte

‘Lo Stato se ne frega della salute dei cittadini tarantini: la città può rinascere senza il siderurgico’

CRONACA
14.11.2019 09:18


Lettera aperta al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte:

Egregio Sig.Presidente, sono il dott. Alessandro Cipriani, ventiseienne praticante avvocato e stagista presso gli uffici giudiziari del tribunale di Taranto. Mi presento come cittadino che ama la sua città e non la vuole abbandonare. È mia premura scrivere quanto Le sono riconoscente per il coraggio e la carica umana con cui si è avvicinato alla cittadinanza, toccando con mano la piaga sociale che da anni attanaglia la nostra città. Nel 2012, da quando la procura di Taranto mise sotto sequestro l'acciaieria, perché definita "fonte di malattia e morte", lo Stato ha ignorato le statuizioni della magistratura, violato le norme costituzionali (poste a presidio della salute, dell'incolumità pubblica e della sicurezza sul luogo di lavoro), consentendo al polo industriale la prosecuzione dell'attività produttiva, seppur in costanza di sequestro. 
Dal 2012 ad oggi, molti anni sono trascorsi, e nessun obiettivo è stato raggiunto a livello ambientale, se non per la costruzione di due coperture colossali che hanno sfigurato ancor di più il paesaggio di una Taranto violentata. È evidente che tutti i decreti salva-Ilva presentano chiari profili di criticità e incompatibilità con i valori costituzionali, e per di più non hanno raggiunto il fine ultimo di ammodernare l'impianto, riducendo così al minimo l'impatto ambientale. L'Ilva, così com'è, inquina e uccide, e non lascia spazio a margini di miglioramento, pertanto se ne esige la chiusura. I numerosi fatti di reato imputati all'industria dell'acciaieria, se fossero stati commessi da altre imprese, ne avrebbero determinato il blocco della produzione e la responsabilità penale dei massimi dirigenti. Tutto ciò non è accaduto al colosso tarantino, determinando una reale disparità di trattamento, violando l'art.3 della Costituzione italiana. 
Gli stessi lavoratori del polo siderurgico ne vogliono la chiusura e chiedono di essere reimpiegati nelle opere di bonifica. Come si può non tendere l'orecchio a questa voce? Lo Stato in questi anni ha imposto ai lavoratori dell'acciaieria condizioni di lavoro contra legem, che altrove avrebbero determinato la dismissione totale di tutto l'impianto. I cittadini di Taranto chiedono la morte dello stabilimento in cambio della loro vita, perchè è una barbaria disumana non salvaguardare la salute dei cittadini, e lo Stato non può esserne l'artefice. Lei sa come la nostra Costituzione non è un ostacolo da superare, ma rappresenta un confine entro il quale ogni cittadino può e deve sentirsi tutelato; il venir meno di questa certezza, farebbe crollare tutto ciò che di nobile i nostri padri costituenti hanno creato: non si può sacrificare sull'altare del profitto la vita umana. Prima della costruzione dello stabilimento, Taranto era un paradiso terrestre, in cui la principale fonte di ricchezza era data dall'agricoltura, dall'allevamento, dalla pesca e in particolare dalla mitilicoltura. Tutte queste risorse di lavoro sono state spazzate via dal siderurgico, cancellando la nostra storia, la nostra identità e la nostra cultura. Oggi, per noi tarantini, è arrivato il momento di restituire questo originario passato alle generazioni future. Taranto può rinascere senza Ilva, vista la grandezza del suo patrimonio storico-artistico; tuttavia c'è bisogno del supporto statale per consentire a nuove imprese di fiorire e di reinvestire nel nostro territorio. Per fare ciò, credo che possa essere utile detassare per almeno un ventennio l'aria territoriale ionica, attirando nuovi investitori; bonificare l'aria industriale, i quartieri limitrofi alla stessa e i mari, reimpiegando le manovalanze per l'opera suddetta; rendere Taranto un cuore verde pulsante, piantando un albero per ogni cittadino residente e lavorando per la rigenerazione paesaggistica e urbana; investire sul turismo, rendendo civile l'aeroporto di Grottaglie e finanziando gli scavi nelle aree di interesse archeologico; rendere Taranto un polo universitario indipendente ( dipartimento di medicina, dipartimento di scienze dei beni culturali archeologici e per il turismo, etc.), capace di attirare a sé numerosi studenti, distaccandosi dal gioco monopolistico esercitato da Bari in ogni ambito, che rende mute le potenzialità del territorio ionico. Questo non è un sogno utopistico, ci sono tanti esempi di città che, dopo lo sfruttamento industriale, sono rinate: vedi Bilbao in Spagna, una città soffocata dall'acciaieria fino a qualche anno fa; oggi si presenta come una città moderna, turistica e culturale, ed altre ancora.
Un antico broccardo latino recitava:
"Vox populi, vox Dei". 
Ebbene, non ascoltare questa volontà sarebbe un ulteriore schiaffo ad una città martoriata dallo sfruttamento economico. Spero che questa lettera possa suscitare la Sua attenzione, buon lavoro e cordiali saluti,

dott. Alessandro Cipriani.

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