“La città di Taranto pretende rispetto, chiarezza e partecipazione”. Con queste parole Piero Bitetti, candidato sindaco della coalizione di centrosinistra, ha commentato la vicenda legata all’incidente all’Altoforno 1 dell’ex Ilva e alle recenti prese di posizione istituzionali.
Bitetti ha sottolineato che non è suo compito giudicare le dichiarazioni emerse negli ultimi giorni, ma ha richiamato l’attenzione sui fatti e sulla responsabilità diretta del Governo, che detiene la guida operativa dello stabilimento. “Serve un piano industriale credibile. Le soluzioni emergenziali, l’assenza di visione e i segnali confusi verso i potenziali investitori minano la continuità produttiva e la coesione sociale della città”, ha affermato.
Il candidato ha difeso il ruolo della Procura di Taranto, che – a suo dire – ha agito con piena legittimità e su basi tecniche indipendenti, ribaltando l’accusa implicita di ostacolo allo sviluppo. Piuttosto, Bitetti ha sollevato una domanda cruciale: “Perché l’Altoforno 1 era ancora in funzione, quando a novembre si era stabilito lo spegnimento entro aprile?”.
Nel suo intervento ha messo in guardia contro le contrapposizioni istituzionali, ritenute pericolose per il dibattito pubblico, e ha riaffermato che il diritto alla salute è un principio non negoziabile, senza però scaricare sui lavoratori il peso di decisioni politiche e industriali sbagliate.
Bitetti ha chiesto che Taranto non venga più esclusa dai processi decisionali: “I cittadini sono stanchi di scelte imposte dall’alto che rallentano il percorso della transizione ecologica”.
Per il candidato, la via maestra resta la sostenibilità ambientale del ciclo produttivo: “Un obiettivo complesso, che richiede tempo e determinazione, ma che non può più essere messo in discussione”.
Infine, ha riconosciuto come anche la propria area politica abbia avuto responsabilità nel passato, ma ha rivendicato l’autonomia dimostrata in Puglia e a Taranto nel difendere i diritti del territorio: “Abbiamo preso posizione anche contro i nostri riferimenti nazionali, perché Taranto non può continuare ad essere considerata una terra di sacrificio”.
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