MediTa Festival: Cocciante, ‘Taranto bellissima e accogliente’

‘Ho scoperto una città che non conoscevo: bellezza, accoglienza e pulizia’

Foto Aurelio Castellaneta
Cultura, musica e spettacolo
10.09.2022 08:54

«Taranto, una città bellissima, accogliente, pulita: devo farvi i complimenti». Giovedì sera, a fine concerto, Riccardo Cocciante, una delle star del MediTa, ringrazia per gli applausi interminabili con cui vengono sottolineate molte le sue canzoni, classici del panorama musicale italiano.  «Qui c’ero già stato, ma non per qualche giorno; stavolta ho fatto le prove con l’orchestra insieme con il Maestro Leonardo De Amicis, un direttore straordinario senza il quale un concerto per sezione ritmica, quella mia abituale, e l’Orchestra della Magna Grecia, sarebbe stato complicato da realizzare: nei brevi ritagli di tempo ho fatto due passi e scoperto un aspetto che ancora non conoscevo di Taranto: bellezza, accoglienza e, appunto, pulizia…».

Riccardo Cocciante, in città, dopo le prove dei suoni, quello che viene chiamato “sound-check”, incontra anche la stampa. Disposto a raccontare qualsiasi cosa. Le domande, secche, cominciano proprio dall’accoglienza e da come ha trovato Taranto. E lui, l’artista con più riconoscimenti al mondo per “il musical del secolo”, “La Bella e la bestia”, risponde.

Poi spiega il suo progetto estivo. «Ho grande rispetto, ammirazione per chi riempie gli stadi, ma credo che come gli attori che hanno fatto cinema e tv, un bel giorno sentano il richiamo del teatro, cioè confrontarsi con un pubblico raccolto, vicino, con performance “umane”, tornare al “corpo a corpo” con la gente sia una cosa che molti artisti dovrebbero tornare a fare perché una cosa così dà grande emozione: per scelta, questa estate, ho voluto fare concerti in location mirate, che mi dessero modo di tenere ogni sera un incontro con il pubblico».

TARANTO, ANCORA TU… - Riccardo Cocciante era già stato a Taranto in passato. Stavolta è tornato sulla Rotonda del Lungomare insieme con l’Orchestra della Magna Grecia. Per l’artista di “Poesia”, “Margherita” e “Bella senz’anima” ha diretto il Maestro Leonardo De Amicis, uno dei pilastri delle passate e future edizioni del Festival di Sanremo. L’occasione è la terza edizione del MediTa Festival, progetto realizzato dalla stessa Orchestra della Magna Grecia in collaborazione con Comune di Taranto, Regione Puglia, Pugliapromozione, Ministero della Cultura (Achille Lauro, l’Orchestra Mancina e Malika Ayane gli altri nomi in cartellone).

Disarmante, Cocciante. «Sono io che devo ringraziare voi, per il lavoro che fate e lo spazio che mi date». Rivisto su Youtube, il duetto “Poesia”, un bianco e nero con Ornella Vanoni in uno dei grandi spettacoli serali della Rai, Cocciante rivela.

«Una bella storia quella – racconta – che in pochi conoscono: avevamo appena provato, Ornella artista immensa, non aveva avuto bisogno di ripassare quella canzone, “Poesia”; disse di partire con l’orchestra e cantare insieme: a un certo punto – ci troviamo di fronte ad una interprete come poche – mentre canta comincia ad emozionarsi; mi emoziono anch’io, l’abbraccio e continuiamo, io e lei con i lucciconi, presi dalla canzone e da un’atmosfera straordinaria, irripetibile. A fine registrazione, “Riccardo, rifacciamola, mi vergogno, mi sono emozionata come una bambina…”; e io, “Ma no, Ornella, lasciamola così, è di una bellezza senza pari, un’artista come te che ha il coraggio di emozionarsi dove la troviamo?”. La convinsi: avevo ragione, quei quattro minuti sono stati consegnati alla storia proprio per quei momenti di grande emozione».

Questione di feeling. «Ecco, ho questa fortuna, stabilisco subito grande empatia, grande sentimento: con Mina, stessa cosa, anche se in studio una canzone puoi rifarla quante volte vuoi; ma con la Tigre – non si scappa – è sempre buona la prima: lei dice che non bisogna insistere più di una, due volte, altrimenti l’interpretazione perde la magia in cui è stata avvolta in quel momento: insieme abbiamo cantato “Questione di feeling” e poi “Amore amore”, due sue grandi interpretazioni».

QUESTIONE DI FEELING - «Ho sempre amato questo lavoro – ha sempre ripreso Cocciante – ho un grande rapporto con il mio passato, anche se nel tempo ho cambiato “abito”, quasi per scherzo ho indossato giacca e cravatta: volevo cantare anche con altri toni l’amore assoluto e con Mogol ci stavamo provando. Alla luce del successo, posso dire che il pubblico apprezzò, anche se poi i ragazzi che si erano persi la prima parte della mia produzione nei concerti invocavano “Margherita” e “Bella senz’anima”, una cosa che mi fa sentire fiero, orgoglioso di aver scritto insieme con Marco Luberti pagine straordinarie della canzone non solo italiana: “Quando finisce un amore”, “Poesia”, “L’alba”…».

Tu chiamale, se vuoi, emozioni. «Nelle canzoni c’è tutto il mio stato d’animo, una timidezza quasi paralizzante che chi fa un mestiere come il tuo avverte subito. Lo stesso il pubblico. Da ragazzo urlavo quasi avessi bisogno di farmi ascoltare, come quando cantavo “Bella senz’anima”». Ma “Margherita”, ha un passo straordinario. «Ho lo spartito a vista, a casa, sul pianoforte: stropicciato, scarabocchiato, con tutte le correzioni fatte in corso d’opera: quella canzone resta un momento straordinario della mia vita artistica…»

Oggi Cocciante, settantasei anni, dopo una terza giovinezza, quella del musical del secolo, “La Bella e la Bestia” (Bella, Il tempo delle cattedrali). «Lì ci ha messo lo zampino Pasquale Pnella, autore e straordinario, che fino a quel momento aveva scritto per Battisti testi fuori dagli schemi: gli chiesi quasi di violentarsi, di provare a scrivere con parola semplici un’opera pop che già avevo nella testa e sulla punta delle dita: nacque così, in men che non si dica, “La Bella e la Bestia”, forse uno dei musical più celebrati nel mondo, rappresentato ovunque».

INFINITO COCCIANTE - Ora, Cocciante, dopo la scrittura cantautorale, poi quella pop e del musical (“Romeo e Giulietta”, altro capolavoro), si appresta ad entrare in un’altra dimensione artistica, fatta di tutte queste esperienze. A settantasei anni, ha ragione a sentirsi ancora giovane. Con quale leggerezza si è speso per oltre due ore di concerto. E come a quei tempi, canta, le mani in tasca canta.

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