Cannabis a base di CBD: cosa dice la legge italiana oggi

Cultura, musica e spettacolo
23.02.2022 08:59

La legalizzazione della cannabis resta ancora oggi un nervo scoperto per i lavoratori del settore, che vedono le carte in tavola cambiare costantemente, senza avere mai stabilità.

Questo perché a oggi tra chi discute di normative vige ancora tanta confusione anche sui concetti più basici come ad esempio la differenza tra THC e CBD. Infatti, mentre il primo è uno psicotropo che, se contenuto ad alti livelli, rende la cannabis una sostanza stupefacente, il CBD non ha effetti psicoattivi sul cervello.

Per questo motivo, sebbene oggi troviamo nel mercato tanti CBD cannabis shop come Justbob, una delle aziende più attive del settore, la situazione per i più resta tutto fuorché chiara. Da una parte la Corte Europea fa tanti passi avanti, dall’altra però il Ministero della Salute classifica il CBD come un farmaco, rischiando di mettere in ginocchio un intero comparto di lavoratori che da parte loro avevano invece deciso di investire proprio in questo settore.

Normativa italiana sul CBD: una battaglia ancora in corso tra decreti e un possibile referendum che darà voce al popolo.

CBD come farmaco, le decisioni di Speranza tra i DM dell’1 ottobre e del 28 ottobre 2020.

Con l’emanazione del DM dell’1 ottobre 2020 il Ministero della Salute ha classificato il cannabidiolo come farmaco per la somministrazione a uso orale, inserendolo nella Tabella dei Medicinali del DPR 309/90. In particolare, il CBD è stato iscritto nella sezione B, dove sono elencati tutti quei medicinali che hanno un’accertata capacità di indurre dipendenza fisica e/o psichica.

Dunque, è lecito chiedersi: dove nasce la contraddizione? 

Effettivamente, queste recenti modifiche andrebbero contro alcuni provvedimenti che avevano precedentemente constatato come il CBD non provochi alcuno stato di dipendenze, non risultando pertanto classificabile come sostanza stupefacente. 

Senza contare che anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità si è espressa in merito, riconoscendolo come sostanza naturale sicura: il che va ovviamente in contrasto con quanto recentemente sostenuto dal decreto del ministro Speranza, sollevando non poche diatribe e discussioni.

Addirittura la World Anti-Doping Agency (WADA) aveva rimosso nel 2018 il CBD dalle sostanze ritenute dopanti, permettendo quindi agli sportivi di farne uso a patto che dimostrassero comunque di non assumere prodotti a base di THC, sostanza psicotropa ancora severamente proibita dalla legge.

La situazione però sembra appianarsi poco dopo l’emanazione del decreto dell’1 ottobre, con la conseguente pubblicazione del DM del 28 ottobre 2020, dove il ministero fa dietrofront.

Cannabis terapeutica: le parole di Ornella Muti a Sanremo

Proprio perché la questione della canapa light fa sempre un gran parlare, non è mancata occasione di discuterne anche nel rinomatissimo Festival della Canzone Italiana di Sanremo 2022.

Ospite della prima serata accanto al presentatore Amadeus è stata l’attrice Ornella Muti, oggetto di discussione dopo aver pubblicato una foto mentre indossava un ciondolo a forma di foglia di marijuana.

"Non giro certo per i festival donando canne" ha ribattuto l’attrice per far fronte alle tante domande. “Io sono per la cannabis terapeutica, non per la canna ludica e difendo il diritto delle persone di dire 'io mi voglio curare così, io mi sento bene così'. Mi dispiace che venga confuso, tutto qua”.

In attesa del referendum del 15 febbraio, anche lei spera che la marijuana light venga legalizzata, ritenendola “la scelta migliore, visto che oggi si ha un giro di spacciatori che vendono droghe molto più pericolose della cannabis...”.

Referendum Cannabis legale: cosa ci si aspetta a poche ore dal responso

Il 15 febbraio 2022 è il giorno in cui la Corte Costituzionale decide le sorti di vari referendum, tra i quali quello sull’eutanasia e sulla cannabis, dopo aver validato le firme che si sono raccolte nelle ultime settimane.

Se il responso fosse positivo, il popolo italiano sarebbe chiamato a esprimere il proprio parere nella primavera di quest’anno.

In merito al referendum sulla legalizzazione della cannabis, l’attivista dell'Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato dichiara che “questi [...] devono essere considerati come un’occasione per il rilancio della democrazia del nostro Paese attraverso la partecipazione dei cittadini. Se non c’è il loro contributo, la politica rischia di non rimanere collegata alle questioni sociali, come nel caso della cannabis”.

L’obiettivo del referendum è quindi di abrogare:

  • le pene per chi coltiva cannabis, che possono essere: 
  1. dai 2 ai 6 anni di reclusione;  
  2. multa da 26mila a 260mila euro;
  • la lettera A dell’articolo 75 del DPR 309/90 relativa alla sospensione della patente di guida.

Anche se il problema della destinazione della coltivazione di cannabis sembrava superata con la legge 242/2016, gli usi disciplinati dall’articolo 2 risultano ancora troppo rigidi.

Ma con queste richieste, la coltivazione sarebbe finalmente depenalizzata, fatta eccezione per lo spaccio.  

Effettivamente, la situazione sembra promettente per i sostenitori della cannabis: il 19 novembre 2020, la Corte Europea emise a riguardo una sentenza dove scagionava due imprenditori i quali erano stati condannati per aver venduto delle sigarette elettroniche con liquido a base di CBD. 

Questa sentenza sembra quindi strizzare l’occhio all'uso della cannabis legale in forma ricreativa nei Paesi Europei. 

Ma sarà così anche per il bel paese? 

Conclusioni

In questo articolo abbiamo cercato di fare chiarezza sulla situazione della cannabis light in Italia, partendo dai decreti del Ministero della Salute, dove il CBD viene inizialmente classificato come farmaco, per poi vedere Speranza fare marcia indietro. 

Relegare il cannabidiolo a un elemento farmacologico, infatti, consentirebbe alle case farmaceutiche di comprare dai raccolti dei coltivatori a prezzi irrisori, al limite dello “sciacallaggio” come dichiara il canapicoltore Nicola Fanni.

Ma la possibile approvazione del referendum e la recente sentenza della Corte Europea fanno ben sperare per i lavoratori del settore, che finalmente si vedrebbero tutelati dalla legge senza il rischio di incorrere in sanzioni o addirittura l’incarcerazione com’è previsto per i casi più gravi.   

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