Taranto: Racconti dal fiume Lato

Per la nostra rubrica, ‘Taranto terra dei fiumi’

CRONACA
15.03.2021 15:46

(Di Fabio Dal Cin) Efesto, il fabbro divino, modellò lo scudo di Achille su tre diversi strati di metallo. Al centro erano rappresentate scene terrestri, tra le quali due città, una in pace e l’altra in guerra, nella zona periferica era rappresentato il fiume Oceano, che circonda il disco piatto della terra, dal quale si generano tutti i fiumi. Se il fiume Lato fosse incluso tra i cento Potamoi, fiumi figli del dio Oceano, non ci è dato saperlo, ma giunti in prossimità della sua foce si ha la sensazione di essere collocati al centro di una narrazione fantastica. La nostra rubrica, “Taranto terra dei fiumi”, dopo aver svelato piccoli aneddoti sul fiume Tara, riparte da qui, dal fiume Lato. Navigando paralleli alla costa, da Taranto verso Castellaneta Marina, sono alcuni pescatori con il rezzaglio ad indicarci il luogo dove, con tutta probabilità, si trova la foce del fiume. La pesca con il rezzaglio, infatti, si effettua in acque sabbiose basse, dalla riva della spiaggia o, appunto, alle foci dei fiumi. La rotta di avvicinamento offre uno scenario suggestivo disegnato da dune di sabbia bianca e macchia mediterranea, mentre una linea che taglia nettamente la rigogliosa pineta di pino d’Aleppo è il segno inequivocabile che in quel punto scorre, con portata quasi impercettibile, il Lato. Ad accogliere il visitatore vi è il ponte della linea ferroviaria mentre, intimamente nascosto tra la vegetazione, un’antica torre d’avvistamento ci riporta per un momento indietro nel tempo, durante le scorrerie dei pirati: è la torre del Lato. Le torri costiere, per la loro particolare posizione geografica, rispondevano ad una duplice funzione: avvistamento navi corsare e, contemporaneamente, riferimento per le navi amiche. A differenza di altri siti militari di quell’epoca (XVI sec.), le torri del Lato e del Tara, erano poste a guardia delle foci dei fiumi presso i quali spesso sbarcavano i Turchi per rifornirsi di acqua. Riprendiamo la nostra narrazione. Superato il ponte ferroviario, dominano i silenzi del fiume e i richiami della rara avifauna che contribuiscono a renderlo una delle zone ornitologiche più interessanti della Puglia. La sua foce costituisce una preziosa zona umida dove sostano infatti numerose specie migratorie come la folaga, la gallinella d’acqua, il porciglione, l’usignolo d’acqua e, più raramente, l’anatra e l’airone. Diffidenti e attenti a ogni minima vibrazione dell’aria, non è semplice poterli avvistare. Il Lato è un corso d’acqua perenne con portata variabile che si forma presso la Masseria Sant’Andrea Grande raccogliendo le acque pluviali provenienti dalla gravina grande di Castellaneta e dalla gravina di Laterza. Lungo le sue sponde, tra postazioni occupate da pescatori equipaggiati con canne da pesca, emergono brevi sentieri bordati da vegetazione acquatica le cui rive sono protette da fitti canneti, cui si aggiungono verso la foce il giunco e l’erianto. Navigando idealmente lungo i cinque chilometri che separano l’inizio del fiume (Masseria Sant’Andrea Grande) dalla sua foce (mar Ionio), si ha la sensazione di assistere ad un film diviso in due tempi e con un finale non scritto: da una parte, la foce del fiume, la ricca vegetazione, la torre d’avvistamento, l’avifauna e gli straordinari silenzi; dall’altra, via via che ci si allontana dal mare e dalla pineta, un territorio prettamente agricolo, il fiume ridotto a rigagnolo, alcune costruzioni abbandonate, rifiuti antropici e i rumori dei veicoli che percorrono il sovrastante ponte della statale 106 ionica. A fattor comune la presenza di un complesso turistico che contribuisce a rendere questa riserva naturale, distantepochi chilometri da Taranto, poco fruibile. Il finale del film, ad ogni modo, non è ancora stato scritto: il Lato sembra essere in bilico tra abbandono e valorizzazione ai fini naturalistici. In questa fase, ognuno deve e può fare la sua parte preservandolo da incuria e abbandono dei rifiuti, mentre ai media, è affidato il compito di raccontare questa terra dei silenzi e dei piccoli segreti, patrimoni del nostro territorio.

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