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Taranto, lavoratori CTP in agitazione: sindacati contro l’azienda

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“Premio peggiorativo, turni insostenibili”: è scontro aperto


Le segreterie aziendali e territoriali di Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Faisa-Cisal hanno proclamato lo stato di agitazione dei lavoratori della CTP S.p.A. di Taranto, avviando ufficialmente la procedura di raffreddamento ai sensi della legge 146/90. Alla base della protesta, una lunga serie di criticità che riguardano la gestione unilaterale dell’azienda e il progressivo deterioramento delle relazioni industriali.

“Siamo stanchi di sentire parole come concertazione, condivisione, lavoro di squadra, che però non trovano alcun riscontro nella vita aziendale”, denunciano congiuntamente le sigle sindacali. Le accuse sono precise: nonostante la convocazione di tavoli tecnici su temi cruciali come il Premio di Risultato, l’organizzazione del lavoro e la sicurezza, la Direzione aziendale avrebbe continuato a prendere decisioni in solitaria, emettendo ordini di servizio in netto contrasto con il dialogo in corso.

Il punto di rottura si è consumato nei tavoli del 12 e 13 maggio. Nonostante le aperture dei rappresentanti dei lavoratori a mediazioni costruttive, la proposta dell’azienda è stata giudicata inaccettabile: “Si parlava di turni giornalieri di 12 ore per il personale viaggiante. È un’ipotesi che smentisce ogni richiamo alla conciliazione vita-lavoro e al benessere dei dipendenti”, spiegano i sindacati.

A rendere ancora più amara la situazione, la proposta aziendale di un Premio di Risultato giudicata peggiorativa rispetto agli accordi precedenti, nonostante il bilancio 2023 si sia chiuso con un attivo rilevante. “Non è accettabile che pochi dipendenti ricevano premi sistematici mentre la maggioranza viene esclusa. Serve equità retributiva per chi garantisce ogni giorno la produttività dell’azienda”, prosegue la nota congiunta.

La delusione e la preoccupazione per la mancata valorizzazione del personale hanno spinto le organizzazioni sindacali a proclamare lo stato di agitazione, invitando l’azienda a rivedere le proprie posizioni e tornare a una gestione realmente partecipata delle relazioni industriali.

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