Da Lecce a Taranto, De Picciotto investe nel Cus Jonico Basket

Il banchiere svizzero, maggior azionista del club salentino, affascinato dalla costa tarantina

BASKET
07.06.2020 11:44


Con la Puglia è stato amore a prima vista. Renè De Picciotto, 77 anni, ex banchiere, immobiliarista e imprenditore, ama il bello. Sarà per questo che, approdato in Salento nel 2018 a sostenere il progetto del Lecce Calcio, di questa terra si è innamorato decidendo di stabilirsi qui per almeno sei mesi l’anno. Oggi il Lecce, anche grazie a De Picciotto che detiene il 40 per cento delle quote, è un’azienda e -soprattutto - milita nella massima serie dopo essere partito dalla «C». Capace di guardare oltre il presente e dotato di una solida cultura finanziaria, De Picciotto è abituato a costruire il futuro investendo energia e capitali sui progetti in cui crede. Le sue prime parole, giungendo a Taranto, sono particolarmente evocative: «Il destino di Taranto non è nell’acciaio o nella grande industria. Qui c’è margine per investire nel turismo». Sullo Jonio De Picciotto è arrivato sempre seguendo il sentiero dello sport. Solo che questa volta, al verde manto erboso di uno stadio di calcio, ha preferito il legno del parquet del palazzetto di basket. Per i prossimi tre anni, infatti, l’imprenditore, sosterrà economicamente il sogno del Cus Jonico nel campionato di serie B. «Non sono venuto qua per la pallacanestro – spiega De Picciotto -, quello è stato un caso. In Italia mi sono interessato dal momento in cui ho preso la residenza due anni fa, al Lecce Calcio e ora sono l’azionista più grosso. Quando sono stato invitato a Taranto dal vostro sindaco (Rinaldo Melucci, ndr) gli ho spiegato che a me interessava guardare un po’ le dinamiche cittadine. Sono stato coinvolto nel discorso della pallacanestro. E sarà come aprire una finestra per guardare cosa c’è in città. Questo più che altro mi interessa: fare un ragionamento complessivo sulla città. Con il presidente del Cus Jonico, Sergio Cosenza, abbiamo raggiunto un accordo per una sponsorizzazione garantita su 3 anni, per completare il budget che a loro mancava per la serie B, titolo acquisito dal Chieti e per fare la stagione - appunto -, su 3 anni. Poi si vedrà». Nelle more di cominciare la sua avventura come mentore della palla a spicchi tarantina, Renè De Picciotto, affiancato dal suo team di professionisti, ha voluto visitare la città e - soprattutto - la litoranea salentina, a caccia di qualche affare interessante. «Io ho lavorato in banca dal ‘65 agli anni ‘80. Lavoravo in Svizzera per gli altri. Poi nel 1980 ho deciso di fare da me e ho costituito prima una società finanziaria, poi una banca, che successivamente sono diventate tre. Alla fine ho rivenduto tutto e ho scelto un’altra via: gli investimenti immobiliari. Era quello che facevo sempre per i miei clienti, o per i soci. Oggi investo in cliniche private, centri commerciali, alberghi. Avevo il più grosso albergo dell’aeroporto di Ginevra che ho venduto a Qatar Airways, ho 7 alberghi in Europa e possiedo un centro commerciale a San Pietroburgo di 130 mila metri quadri. Ora in America con un socio stiamo realizzando 20 alberghi “low cost” con la formula dello “standing stay”. Lì la gente si muove molto, non come qui dove per andare da Carovigno a Ostuni ci vuole una laurea». Folgorato dalle imponenti e suggestive masserie della zona di Savelletri, De Picciotto ne ha acquistate e rimesse a nuovo 7.«Ho deciso di fare investimenti in Italia. Nessuno vuole investire qui perché è ritenuto un paese inaffidabile con leggi troppo complicate, ma io non mi spavento. Sono abituato a lavorare duro. Ho acquistato masserie antiche, le rimetto a posto e le affitto a stranieri. Il mio fiore all’occhiello è la fortezza Pelecchia del 1.450 sul lungomare di Fasano: 110 ettari di uliveto, spiaggia privata e spiaggia pubblica. L’ho rimessa a posto e l’ho aperta alla popolazione. Bisogna sempre dare, quando si prende. Questo è il mio mantra». In Salento De Picciotto ha acquistato anche il cinema «Roma» di Ostuni e lo sta ristrutturando in maniera avveniristica. A Lecce, invece, è proprietario del palazzo già sede del Banco di Napoli. «Era abbandonato da 15 anni. Abbiamo realizzato 13 appartamentini da affittare a turisti di un certo livello. Lo apriremo il 1 luglio». E Taranto? «Se trovo qualcosa che mi colpisce e che mi piace, lo farò anche qui. Sono appassionato di storia e questa città mi colpisce e mi affascina. Il mare è molto bello, ma le strutture sono parecchio scarse. Se vedessi una insenatura bella, una baia con una luce interessante, potrei pensare ad un albergo ecologico: tutto legno e verde con thalassoterapia aperto tutto l’anno». Accompagnato in Città vecchia dall’assessore all’Urbanistica Ubaldo Occhinegro, l’ex banchiere svizzero sta valutando anche una serie di immobili sull’isola. «Conosco e studio la storia e di Taranto mi interessa tutto, la Magna Grecia, le crociate, il principato. Peccato per la storia recente. È un grande errore di Stato aver costruito qui quel polo industriale. Dietro la città non c’è una riflessione economica valida. Lo Stato ha sbagliato con voi 50anni fa e altri hanno perpetuato l’errore in nome dei posti di lavoro. Così si è accresciuta la mentalità assistita che ha causato il disastro che oggi è sotto gli occhi di tutti. Ma non è troppo tardi. Io avrei mandato a casa l’Eni e l’Ilva: non c’entrano niente qui con questo territorio che ha una storia e una geografia, un mare e una campagna che comandano un destino diverso da quello industriale. Oggi c’è il Cis che può darvi una mano. È una grande opportunità, ma serve più cultura economica e serve una pianificazione a lungo termine sull’idea di territorio. Qui e ora, riprendete in mano il vostro futuro» (La Gazzetta del Mezzogiorno)

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