L’analisi tattica: Taranto, in attacco le note dolenti

TARANTO
20.11.2017 14:23

Il Taranto di Cava - Foto Giorgia Cannella

DI VITTORIO GALIGANI Cava de’ Tirreni richiama sempre alla mente ricordi sgradevoli. E’ andata male anche in questa occasione. La squadra, a dire il vero, ha offerto una prestazione sotto tono, rispetto al recente passato. Una sconfitta condita con un pizzico di sfortuna (quell’incrocio dei pali sta ancora tremando) e l’incapacità di Aleksic nel trasformare la più semplice delle occasioni. Componenti determinanti che hanno interrotto la rincorsa di Cazzarò e dei suoi ragazzi. Dispiace perché è accaduto proprio nella giornata in cui il Potenza, fermato tra le mura amiche dall’imprevedibile Gravina, compie il primo passo falso della stagione.

La lotta per il vertice, al momento, è un discorso riservato agli uomini di Ragno, la Cavese ed il “sorprendente” Altamura allenato da Ciro Ginestra. Il crocevia del campionato? Probabilmente a cavallo del giro di boa. Quando il Potenza renderà visita al Taranto (alla 16a) ed ospiterà la Cavese (alla prima del girone di ritorno). La concomitanza di alcuni risultati potrebbe favorire la squadra di Cazzarò.

La partita giocata al Simonetta Lamberti ha evidenziato i difetti accusati, da sempre, dalla difesa del Taranto. Si è salvato soltanto D’Aiello protagonista di una buona prestazione. Non è stata la giornata migliore per Miale. I due under posti sugli esterni alternano cose buone a grossolane distrazioni. Sul gol messo a segno da Fella errori di impostazione/posizione, all’interno dell’area di rigore, concedono all’attaccante della Cavese la possibilità di battere a rete con troppa facilità. Indisturbato.

Il Taranto ha sofferto per tutto il primo tempo l’intraprendenza degli avversari. Capua, che viene da cinque mesi di inattività, non ha nelle gambe più di 45 minuti né il passo necessario. Palumbo è discontinuo. Galdean ordinato, ma “viaggia” con le marce ridotte. La Cavese ha tenuto a lungo le redini del centrocampo imponendo il gioco a proprio piacimento. Crucitti, soprattutto nella prima frazione, un pesce fuor d’acqua. Si è riabilitato nel finale con quella punizione che si è “infranta” sul palo e con il delizioso assist per la testa dello sprovveduto Aleksic.

In avanti le note dolenti. Pera, con le gambe appesantite, perde ripetutamente il confronto con l’avversario e non inquadra mai lo specchio della porta. Nel vederlo giocare sorge il dubbio che non stia a posto fisicamente. Diakite gira sempre al largo e svolge il compitino senza infamia e senza lode. Aleksic, impalpabile, conferma che quella attuale non è la sua stagione. Imperdonabile, sbaglia l’impossibile.

La partita ha confermato l’inutilità, in questo periodo, di ricorrere al tesseramento di calciatori svincolati. Ragazzi fermi dal termine della scorsa stagione (alcuni anche di più) che per raggiungere la migliore condizione fisica necessitano, inevitabilmente, di tempo e addestramento. Capua è uscito dal campo stremato e senza aver fornito alcun contributo al gioco di squadra.

Nel quarto d’ora finale Dino Bitetto ha deciso, bontà sua, di rinunciare a giocare. Ha concesso campo. Si è arroccato sul limite della propria area di rigore. Il Taranto ha preso coraggio, poteva/doveva pareggiare. Solo Aleksic ha potuto sbagliare quella sontuosa occasione.

Secondo una pessima abitudine del recente passato il Taranto è andato in trasferta senza avere al seguito il medico sportivo. Si dirà che il regolamento di categoria non lo impone. Una giustificazione che vale per tutti meno che per il club rossoblu. E’ invece la dimostrazione del perché si trova in questa categoria di dilettanti. La ristrutturazione dell’azienda parte proprio da queste basi. Come dal settore giovanile. Diversi ragazzi (e le loro famiglie), a stagione inoltrata, lamentano di non aver ancora ricevuto il borsone contenente il kit da allenamento. Ce ne hanno fornito le prove. Giove, allora, accetti un consiglio. Se ne occupi personalmente. Ne va dell’immagine e della credibilità aziendale. Perché il Taranto non è soltanto prima squadra.

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