Vietato tifare: questo non è calcio

Sdegno della Fondazione Taras per l’ennesimo divieto di trasferta imposto ai tifosi del Taranto

TARANTO
Iv.
01.03.2019 16:09

Domenica non potremo essere a Gravina. Ancora una volta, anche in questa stagione, ci viene negata la possibilità di seguire il nostro Taranto in trasferta.

Di fronte a questo, la Fondazione Taras avrebbe potuto scrivere l’ennesimo, asciutto comunicato di stigmatizzazione della decisione della questura di Bari. Prendendoci un po’ più di tempo, però, vale la pena di raccontare perché tutto questo risulti tanto odioso, al di là del dolore nel non poter assistere dal vivo alle partite del nostro Taranto.

Il calcio vive una profonda crisi economica, testimoniata dal fallimento di 155 società in 15 anni, come riportava il Tuttosport solo qualche giorno fa. Il crollo del pubblico negli stadi, anche nelle serie maggiori, è poi un segnale sempre più evidente del progressivo distacco del mondo del pallone dalla sua gente.

Che fanno le autorità pubbliche di fronte a tutto questo? Trattano il calcio come un problema di sicurezza, dipingendo gli stadi come un luogo pericoloso come neanche l’Afghanistan del 2001. Allontanando ancora di più questo meraviglioso sport dalle persone. Cercando di convincerle che tutto quello che si possa fare, se proprio del calcio non si può fare a meno, sia trasformarsi da tifosi a spettatori, schiacciando i tasti giusti del telecomando.

Oltre a ciò, c’è un aspetto ancora più grave che è doveroso denunciare.

Nel discorso pubblico si sente spesso parlare di libertà, concetto altissimo e nobile, che funge da faro nei più importanti ambiti dell’agire comune. Raramente, però, in tali ambiti rientra anche il calcio. Facciamolo noi allora: applichiamo il concetto di libertà al calcio.

Scopriremo così che, in questi casi, subiamo una palese violazione di una nostra sacrosanta libertà, come individui e cittadini, prima ancora che tifosi. La libertà di circolare liberamente sul territorio nazionale, come recita l’articolo 16 della Costituzione del nostro paese. Certo, l’articolo prevede che possano essere fatte delle eccezioni per motivi di sicurezza.

Ma, in questo caso, il problema di sicurezza quale sarebbe?

Il comunicato del Taranto dice che la questura di Bari ha “sentito le varie valutazioni ed osservazioni”, prima di decidere. Quali? Esiste uno straccio di spiegazione pubblica? Non ci risulta.

Esiste, invece, il divieto di recarsi allo stadio per chi risiede in riva allo Jonio.

La verità è che così si sancisce che vivere nella nostra martoriata città, amarla e tifare di conseguenza la sua squadra, è una colpa gravissima.

Non ci stancheremo mai di urlare quanto questo sia ingiusto ed assurdo. Non ci stancheremo mai di urlare quanto al contrario sia bello, sano e positivo tifare i colori più belli del mondo, ovunque essi siano di scena.

A tutto questo scempio, non è solo un trust come la Fondazione Taras a dover dire necessariamente no. Sono tutti gli appassionati a rivoltarsi, continuamente e con i mezzi che gli sono dati, sui social e negli stadi.

A gridare forte che non è questo il calcio che vogliamo. Che questo non è calcio.

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